sabato 24 novembre 2007

Nicolas Eymerich incontra Wilhelm Reich


Ero troppo incuriosito da questo stridente accostamento, perciò ho letto Il Mistero dell'Inquisitore Eymerich che sarebbe il quarto libro della serie (se non vado errato). Anche qui Valerio Evangelisti fa notevole sfoggio di preparazione storica, inserendo il suo inquietante protagonista nella storia della conquista di Alghero, città sarda che mostra ancora traccia dell'evento nella parlata catalana dei suoi abitanti. Come nel primo libro della serie, lo scrittore intreccia la sua narrazione su diversi livelli, mostrandoci un'America del futuro con gli Stati Uniti divisi in tre stati (e non se la passa bene nessuno dei tre).
Eymerich l'Inquisitore incontra, in una serie di episodi onirici, anche Wilhelm Reich, uno dei personaggi più controversi del ventesimo secolo, nonché lontano genitore della "rivoluzione sessuale" degli anni '60, che non riuscì a vedere. Psicanalista importante ai suoi esordi, poi allontanatosi da Freud per un approccio più rivoluzionario alla psicologia (in contrasto con l'atteggiamento timido e conservatore dei suoi colleghi, che si trovavano malvolentieri a dover maneggiare una disciplina che ai tempi era di per sé esplosiva), Reich dovette fuggire da un paese all'altro a mano a mano che l'Europa veniva conquistata dalle armate di Hitler; negli Stati Uniti, dov'era giunto dopo aver ormai abbandonato il comunismo ed esserne stato a sua volta ripudiato, si convinse di essere il fondatore di una nuova scienza e, circondato da seguaci che lo vedevano in una luce mistica, deviò verso teorie biologiche e fisiche via via più indimostrabili e bizzarre. Evangelisti lo mostra come un campione della vita contro il suo spietato e mortifero protagonista, e ci narra la sua penosa fine in carcere dopo la distruzione dei suoi libri e degli strumenti di laboratorio ad opera dell' FBI. In bocca a un personaggio del libro c'è una frase che probabilmente (a mio modo di sentire) riassume il pensiero dell'autore:

Non posso dirle se l'energia di cui parlava esiste o no. Non ho la competenza necessaria, e poi la cosa non mi interessa molto. Ma certo non può essere uno sconosciuto "esperto" di tribunale a giudicare decenni di lavoro, di prove, di sperimentazioni.


Condivido. Tuttavia Einstein si prese la briga di compiere delle verifiche e non trovò conferma alle teorie sull'energia "orgonica." Nonostante questo, Reich resta una delle figure più complesse e affascinanti dei nostri tempi, e il suo inserimento in questo libro, fatto con stile e conoscenza dei fatti, contribuisce a farne una lettura estremamente avvincente.

Wilhelm Reich su Wikipedia e sul sito della fondazione che tuttora diffonde le sue teorie

La pagina di Valerio Evangelisti su Eymerich

domenica 11 novembre 2007

Nicolas Eymerich, Inquisitore


Questo, edito da Mondadori, è il primo libro di una fortunata serie scritta da Valerio Evangelisti: uno dei non moltissimi scrittori italiani contemporanei conosciuti anche all'estero. Questa storia si dipana su più epoche e in diverse ambientazioni, ma principalmente la viviamo nella Spagna della Reconquista, e precisamente nel Regno d'Aragona. E' un libro di sapore fantasy ma in realtà le sue radici sono saldamente piantate nella fantascienza, poiché l'autore ci dà una complessa spiegazione di certe tecnologie e certi fenomeni, in quello stile pseudoscientifico (detto senza connotazione negativa in quanto siamo nell'ambito di una narrazione fantastica) caro a certi autori di Science Fiction d'altra epoca.
Il protagonista è un inquisitore e non può quindi, per definizione, essere un gran simpaticone. Eymerich è freddo, poco empatico, sdegnoso della folla e schifato dall'imperfezione dei suoi simili. Sicuramente avido di potere e prestigio, e ben poco partecipe dei valori dell'umiltà e della carità cristiana. Programma le sue mosse politiche come le sue indagini, con piglio freddamente intellettuale e mosse astute, calcolate ad arte, e quando occorre spietate.
Questo non va minimamente a discapito della storia, che avvince il lettore fin dalle prime righe. Lo porta a visitare un affresco della Spagna medievale che è anche un tributo all'eccezionale preparazione dello scrittore. Scrittore a cui bisogna anche riconoscere uno stile scorrevole ed impeccabile.
Un unico neo posso dire di aver trovato: e se non volete che vi venga svelata una parte di trama, fermatevi qui. Si tratta dello stratagemma di fingere che il conte de Urrea, che sta proteggendo Eymerich nella sua inchiesta, lo sconfessi e lo faccia incarcerare, allo scopo far svelare alla pagana Elisen i dettagli del proprio intrigo. Ovviamente Elisen, vantandosi con l'inquisitore prigioniero che ritiene ormai inoffensivo, rivela tutto quello che c'è da sapere, salvo essere arrestata a sua volta mentre il trionfante Eymerich viene liberato e può procedere a distruggere il complotto pagano. Questo stratagemma sinceramente mi sembra un po' bolso ed abusato. Ciò non toglie che il libro ci regali una lettura intensa ed affascinante.

sabato 10 novembre 2007

Off Topic: Isabel

Questo libro non ha pertinenza col fantastico, è semplicemente una delle mie recenti letture. L'autrice è Anna Stothard, casa editrice Elliot. Dalla quarta di copertina: "In questo libro voglio elencare tutte le mie prime volte, così quando le avrò finite ... potrò almeno ripensare ai momenti belli e brutti, ai momenti intensi, e avrò di nuovo sedici anni."



Bella promessa, molto impegnativa, quella di aiutare a rivivere certi momenti. Un libro che potrebbe riuscire nell'intento con alcuni lettori, e non riuscire con altri.

Purtroppo non ha funzionato per me.

giovedì 8 novembre 2007

Nasce il Premio Immaginario 2007 !

Ebbene sì, ho deciso di assegnare un premio tra gli esordienti italiani che ho letto quest'anno. Dal momento che il mio blog si chiama Mondi Immaginari, sarà immaginario, ovvero non reale, anche il Premio. Questo permetterà alla giuria (che è costituita essenzialmente da me, ma con qualche consiglio di amici a cui passo fedelmente i libri che leggo) di risparmiare risorse economiche. Se ci sarà l'edizione 2008 del Premio Immaginario, penso che seguirà il medesimo principio.
Per l'autore ci sarà comunque l'orgoglio di essere assegnatario del Premio.
Saprete il nome del vincitore entro l'anno...

venerdì 2 novembre 2007

Il Segreto di Krune


Bella la veste grafica di questo libro (un po' costoso, per dire la verità) e molto valido lo stile. Michele Giannone, autore de "Il Segreto di Krune" (Dario Flaccovio Editore) ha sicuramente il dono di uno scrivere fluido e piacevole, che permette al lettore di galoppare per centinaia di pagine in pochi giorni. Invidiabile (certamente io lo invidio...). Se cercate una lettura piacevole, questo libro è consigliatissimo; tuttavia ci sono delle lacune nella caratterizzazione e nella trama che mi hanno decisamente fatto storcere il naso, e sono piuttosto evidenti ma a quanto vedo dalle recensioni (anche blasonate) che scopro in giro per la rete, me ne sono accorto solo io.

Strana cosa. L'autore (per quello ho letto dei suoi interventi in un paio di blog e forum) è pure un tipo equilibrato, modesto e simpatico e non ho nessuna voglia di sminuirlo senza motivo, quindi se mi sembrassero problemi di poco conto li trascurerei, ma a me sembra che rovinino parecchio la godibilità del libro: la cosa che però mi riempie di stupore è che (a quanto ne so) chi ha criticato questo libro lo ha fatto su tutt'altri argomenti.
Pertanto devo essere pazzo. Se non amate lo spoiler, ovvero il disvelamento della trama, fermatevi qui: ormai sapete che il libro è carino e leggibile, e tanto vi basti. Acquistatelo e non fatevi turbare da questi difetti fantasma, tanto probabilmente non li vedrete neppure. Ma se avete già letto il libro (e non temete quindi lo svelamento della trama) o se volete sapere perché sono pazzo, procedete pure.

Il libro comincia con la descrizione del Matriarcato, la società in cui si muovono i primi passi di Mareq Tha, la protagonista. Una società oppressiva e "orwelliana," direi quasi, una descrizione valida che mi ha entusiasmato, perché vedevo un autore che non temeva di affrontare un tema molto complesso. La logica dell'ambientazione regge: le donne sanno usare dei poteri magici che mancano agli uomini, pertanto li dominano. Esistono dei mostri che aggrediscono proprio le donne in quanto dotate dei poteri magici, e questo può giustificare l'uso spietato degli uomini come carne da macello nella difesa del Matriarcato. La decisione di pronunciare i punti cardinali in una lingua fantastica, e così i nomi delle piante, aiuta ulteriormente nell'immedesimazione (anche se dopo tanto sforzo di localizzazione più avanti arriveranno inspiegabilmente metri e centimetri, vedi pag. 370 e 468).

Poi, man mano che certe tematiche del Matriarcato rimanevano non dette ho avuto qualche perplessità, ma arriva (catturato) il protagonista maschile a spostare l'attenzione, e il suo mistero di uomo portatore di magia crea uno scompiglio nelle certezze di Mareq Tha, nonché la necessità per lei di darsi alla fuga. Avendo lei visto questa realtà, "impossibile" nella religione del Matriarcato, le governanti (Matriarche) decidono infatti di eliminarla. Non ci riescono ovviamente, e la protagonista scappa con il prigioniero.

Mareq Tha dovrà quindi viaggiare, conoscere questo misterioso uomo (Jaat) che non ricorda il proprio passato, e visitare un mondo estraneo, quello degli uomini delle praterie.
Da qui in poi cominciano i problemi. Della società del Matriarcato non si parla praticamente più e una serie di domande rimangono senza risposta. A me sembra troppo monolitica. Non c'è devianza, malcontento di fronte a queste regole così pesanti. A parte le Nutrici e pochi maschi "fortunati" nessuno dovrebbe avere rapporti sessuali (le donne no, gli uomini magari sì, ma fra di loro, eventualmente). E' possibile e ragionevole? Quali sono le conseguenze? Non dovrebbe esserci una omosessualità dilagante? O crimini sessuali?
Insomma, il Matriarcato con il suo perfetto meccanicismo mi convince poco. La protagonista, Mareq Tha, mi convince anche meno, fin da quando s'intuisce che sboccerà l'amore da parte di Jaat e, dopo aver passato un periodo di travagli psicologici nel vedere ogni sua convinzione buttata per aria, lei lo ricambierà e lo faranno.
Teniamo presente che Mareq Tha uccide freddamente un uomo, ferito, che le ha chiesto aiuto nelle prime pagine del romanzo. E si considera insozzata perché il ferito l'ha toccata. Insomma una bella personalità distorta anche se perfettamente coerente con il proprio ambiente; consideriamo inoltre che lei è un ufficiale, insomma non proprio una ragazzina, ma una donna adulta con un carattere già formato.
Non pretendo di fare lo psicanalista della mutua, ma penso di non dire nulla di strano se vi ricordo quali devastazioni possa ricevere la psiche di una persona che subisca condizionamenti innaturali negli anni cruciali dell'infanzia, quelli in cui si forma l'identità personale e sessuale di un individuo. Mareq Tha dovrebbe essere condizionata per la vita, asessuata o omosessuale, e certamente frigida, incapace di concedersi a un uomo. Invece no, dopo un po' di giorni (il libro non copre una lunghissima estensione temporale) ritrova la tenerezza, l'affetto, sa provare i sentimenti giusti come una fanciulla in fiore e dire all'uomo che ama le parole giuste. Unico problema, ci mette un po' prima di andarci a letto (ma forse meno di tante comunissime fidanzate italiane...).

Qui, e non solo qui, si potrebbe contrapporre la classica obiezione che siamo in un mondo fantasy. Certo: una spiegazione "fantasy" che sia congruente con il resto del mondo fantastico la accetterei. Però manca.

Lasciamo da parte, come problemi del tutto secondari, certi atteggiamenti buonisti di Jaat, che è molto diverso dai suoi compatrioti (vedi pag. 231: Jaat contesta l’uccisione di un prigioniero cui non è stata data la possibilità di difendersi, parla a suo padre in termini che ricordano talvolta quelli di un attivista per la pace in un paese occidentale moderno: “Io biasimo voi. Te, gli altri membri della giuria, tutti gli uomini e le donne che hanno assistito all’esecuzione. E’ la vostra indifferenza a farmi paura.”) Ma del resto Jaat è speciale e presto scopriremo perché.
Stranamente però comincia a fargli eco Mareq Tha, a pagina 236: “In guerra nessuno ha mai tutta la ragione dalla propria parte. Ci convinciamo del contrario perché in tal modo uccidere il nemico è meno problematico. In ogni caso, si tratta di una menzogna.” Una “Prima Vigilante Militare” (grado che aveva nel Matriarcato) che ha ucciso un uomo ferito (uno dei suoi!), una che considerava poco prima i maschi come esseri subumani, come fa a porsi il problema dell’uccidere il nemico?

Il vero guaio nell'ambientazione deve ancora venire. Scopriamo che una spedizione nel passato si era spinta fino a nord. Alcune Vigilanti del Matriarcato avevano scoperto gli uomini delle praterie e la loro padronanza della magia, e alcune erano tornate a riferire. Qui nasce l'orrendo crimine delle Matriarche, aver nascosto "la verità" alla propria gente. Scopriamo anche che per un sacco di tempo, prima che Jaat venisse catturato nel periodo descritto nel libro, non c'era stato più altro contatto. Ora: i popoli raffigurati nel libro somigliano a terrestri antichi ma non primitivi: vanno a cavallo, viaggiano, ecc... Il mondo è infestato da mostri in maniera preoccupante, ma ciò non impedisce a gruppi grandi e piccoli di spostarsi (nel libro avviene). Gli uomini delle praterie e il Matriarcato hanno vissuto ignorandosi per secoli quando sono distanti... circa una decina di giorni di viaggio! Questo fa crollare tutta la trama del Segreto di Krune come un castello di carte, perché è lo scottante segreto degli uomini che usano la magia che le Matriarche non vogliono far sapere, e che poi decidono di eliminare alla radice con una spedizione militare. Uno dei due popoli dovrebbe aver incontrato l'altro da un pezzo, non ci può essere dubbio. Se gli antichi Greci avevano un'idea (per quanto distorta) del Mar Baltico e della Britannia, questi popoli non possono non conoscere i propri vicini. Siamo in un mondo fantasy e tutto può ricevere una spiegazione fantasy, basta che sia congruente con il mondo. Mi sta bene. Ma dov'è tale spiegazione?

Mentre già non potevo crederci, arriva una specie di interrogatorio (di Mareq Tha da parte delle Matriarche) che si trasforma in una specie di consiglio di guerra senza nemmeno la prudenza di spostarsi in un'altra stanza per non farsi ascoltare dalla prigioniera: con la bella conseguenza che le svelano l'intenzione di usarla come guida per scoprire gli uomini delle praterie che vogliono sterminare. Mareq Tha, che ha assistito alla sconcertante decisione politica in presa diretta, ovviamente rifiuta (poi accetterà per avere una possibilità di fuga).
Ora, il motivo del consiglio di guerra è piuttosto strano, perché il casus belli sarebbe l'arrivo di Jaat (un po' di tempo prima) e non di Mareq Tha (che ritornava in quei giorni, e che potevano uccidere facilmente e seppellire con tutte le sue scoperte scomode), perciò non si capisce perché le Matriarche la decisione non l'abbiano presa a suo tempo ma la prendano adesso, in una ispirazione del momento:
"Che ne facciamo di lei?" ... "uccidiamola. Avevamo stabilito che l'avremmo giustiziata non appena ci avesse rivelato tutto ciò che sapeva." "Sì, ma ignoravamo che avesse scoperto tanto." ... "In questo caso le circostanze ci sono state favorevoli. La prossima volta potremmo non essere così fortunate" ... "Io dico di risolvere il problema una volta per tutte... una spedizione militare ... staneremo gli abitanti di quelle terre e li spazzeremo via."
Aggiungiamo il fatto che l'utilità di Mareq Tha come guida è comunque limitata, perché non deve trovare un ago in un pagliaio, ma un intero popolo che vive in una prateria. Insomma, questa scena ha tutta l'aria di un debole espediente per far riportare verso le praterie Mareq Tha, che poi verrà ritrovata e liberata da Jaat. E qui le Matriarche sembrano tutto tranne che governanti di una nazione.

Evito di parlare di un altro paio di perplessità che ho avuto leggendo il "Segreto di Krune" e arrivo alle conclusioni.
Libro fortemente disuguale. Giannone è stilisticamente una spanna sopra tutti gli autori italiani che ho letto ultimamente (nel ramo del fantasy) e potrebbe quasi vedersela con quello che per me è il mito nazionale, Zuddas.
Questo può aver convinto l'editore e tanti lettori di cui ho letto i commenti a minimizzare certe magagne, o a far finta che non ci siano. Per me, sulla coerenza di ambientazione, personaggi e trama non si possono tollerare concessioni così forti: perciò considero questo libro valido come intrattenimento disimpegnato ma non come storia. Tuttavia, se sono pazzo e vedo problemi dove non esistono, spiegatemelo.