lunedì 3 settembre 2012

Songs of the Dying Earth

Arriva in tre parti e in tre anni consecutivi in italiano con gli Urania, con grande scorno di qualche appassionato di fantascienza che vede invaso il proprio orticello (molto italiano questo schifo di certi puristi della fantascienza verso il fantasy, comunque quest'ambientazione in realtà è fantasy con una non piccola venatura di fantascienza, se solo se ne rendessero conto). Il titolo è "Storie dal Crepuscolo di un Mondo" e ho già letto e recensito il primo volume italiano. E' già uscito il secondo, ma non resistendo alla tentazione, quando l'ho visto in libreria in inglese ho comprato questo Songs of the Dying Earth che altro non è che la versione originale completa, senza aspettare... e costa anche poco.
Come già scrivevo oltre un anno fa (vedi link precedente), si tratta di un'antologia in onore del mondo della Terra Morente di Jack Vance e ovviamente dell'autore stesso ormai vecchissimo. La raccolta è curata da George Martin e Gardner Gozois.

Cosa dire di questi racconti? Io li trovo molto godibili e penso che piaceranno a tutti, non solo a quelli che conoscono Vance. In alcuni casi lo stile del grande autore è stato imitato abbastanza bene, anche se, come tutti affermano, è inimitabile. Altri racconti hanno seguito un taglio molto più personale. Le storie sono diverse fra loro e riprendono vari aspetti della Terra Morente. A volte sono stati approfonditi elementi appena accennati da Vance, in qualche caso con un risultato piacevole, ma anche talvolta in modi che a me sono risultati sgradevoli. Faccenda di gusti personali. Volete proprio sapere un paio di particolari che non mi sono piaciuti? Gli uomini-Twk che cavalcano minuscoli le libellule e scambiano informazioni per qualche grammo di sale sono stati banalizzati da alcuni degli autori, mentre avrei preferito il senso di meraviglia e mistero che Vance aveva costruito attorno alle loro scarse apparizioni. La fine del mondo che in Vance è sempre incombente in qualche caso diventa esplicita. Nient'altro.

Ogni autore è presentato con una breve bibliografia (alcuni sono molto famosi anche se non tutti li nominerò qui) e dopo il racconto narra nelle proprie parole come ha conosciuto l'opera di Vance e che effetto ha avuto su di lui: alcuni di questi ricordi sono particolarmente commoventi.
Nel dettaglio, qualche storia particolarmente interessante dei due terzi che non avevo già letto in italiano.
The Green Bird di Kage Baker: Cugel l'Astuto si intrufola nella casa di due bisbetiche sorelle che si odiano fra loro con lo scopo di realizzare un losco piano. Sarà più dura di quello che crede.
A Night at the Tarn House di George Martin: incontro di diversi personaggi in una taverna degli orrori. Incontro mortale, ovviamente.
Evillo the Uncunning di Tanith Lee: non la storia meglio riuscita di un'autrice che amo molto, ma ha dei momenti buoni.
The Collegeum of Mauge di Byron Tetrick: storia di un ragazzo che entra in una scuola di maghi. Un po' alla Harry Potter. Carino.
The Return of the Fire Witch di Elizabeth Hand: il migliore racconto dell'intero libro anche se non è molto "alla Vance" e ha una trama assai semplice e lineare. Saloona Morn, pacifica strega che produce funghi magici, viene coinvolta dalla strega del fuoco Paytim Noringal in una vendetta contro una malevola casa regnante. La nave volante (senziente) di Saloona ammonisce contro la minaccia della feroce e imprevedibile strega del fuoco, ma la mite coltivatrice di funghi non può ribellarsi ed è costretta a collaborare. Grande caratterizzazione dei personaggi e interazione.
Sylgarmo's Proclamation di Lucius Shepard si svolge intorno alle avventure di un paio di personaggi che devono ottenere vendetta contro Cugel l'Astuto.
The Lamentably Comical Tragedy (or The Laughably Tragic Comedy) of Lixal Laqavee di Tad Williams: un ciarlatano costringe un autentico mago a concedergli l'uso di alcuni incantesimi. Subirà una vendetta terribile per lui, ma esilarante sotto certi aspetti (per il lettore).
Guyal the Curator di John Wright: in una città decadente, ombra della potenza passata, un uomo mantiene l'ordine (o almeno ci prova) con l'uso di un potente artefatto. Aiuterà in una sorprendente avventura uno straniero che ha perso la memoria.
Di quest'ultimo è molto pregnante la postfazione, dove Wright rammenta i tempi in cui (prima di Tolkien!) il fantasy era raro e "ogni libro era diverso dagli altri." Sì, l'impronta del fantasy banalizzato non è sempre esistita.




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