venerdì 31 maggio 2013

Il Cavaliere e il Fante di Spade

Di Fritz Leiber avevo parlato ben sei anni fa, commemorando il multiforme ingegno di questo artista, che ci ha lasciato nel 1992 (il personaggio merita ma non starò qui a riportare fatti che potete facilmente trovare su risorse tipo Wikipedia ecc...). Per quanto riguarda il fantasy la sua opera più interessante restano le raccolte di racconti e romanzi brevi sulle avventure di due eroi molto diversi fra loro, Fafhrd e il Grey Mouser, gigante il primo, piccoletto il secondo. Iniziate negli anni '30, le avventure picaresche dei due personaggi, sullo sfondo di un mondo corrotto e decadente ma anche teatro di incredibili portenti, si sono mosse dal drammatico al rocambolesco al comico fino a sfociare nel surreale, e in qualche punta di erotismo.

mercoledì 29 maggio 2013

E' morto Jack Vance

Un altro grande maestro che se ne va, uno dei più grandi autori del fantastico. Anche se i lettori di oggi corrono dietro a materiale di ben minore spessore e arte, e lo fanno senza rimpianti, Jack Vance rimane una pietra miliare per chi sappia guardare al di là delle mode del momento.

lunedì 27 maggio 2013

Il Fantasy di Sapkowski

Uno scrittore non anglosassone che raggiunga la notorietà internazionale nel fantastico non è frequentissimo anche se esempi non ne mancano: uno ormai appartenente al passato ma che fu assai famoso è il tedesco Michael Ende con la sua Storia Infinita, uno un po' più recente è il russo Sergej Luk'janenko coi  Guardiani della Notte. Andrzej Sapkowski, polacco, sulla cresta dell'onda da alcuni anni, ha anche avuto la fortuna di un videogame che si ispira ai suoi racconti.

A dire il vero io l'ho guardato con una certa diffidenza e iniziare a leggerlo me l'ha fatta aumentare, inizialmente. Da una parte fortunatamente Sapkowski non è un "tolkieniano," ovvero non ripropone le solite storie del gruppetto di eroi contro il male assoluto, però il contorno di nani ed elfi c'è, e anche tutto il bestiario da manuale di D&D. Fortunatamente ho scoperto anche una sua originalità nel maneggiare certi elementi che potrebbero sembrare ritriti e soprattutto uno stile che mi ha fatto ricordare i bei tempi degli autori con cui mi ero avvicinato al genere.

Il protagonista è molto particolare: Geralt di Rivia è uno "strigo," ovvero un mutante creato apposta per il ruolo di cacciatore di mostri (varie creature magiche e non che minacciano la tranquilla vita dei campagnoli e delle città). Fisicamente e mentalmente modificato per questo compito, lo strigo è privo di sentimenti (in realtà li ha eccome ma è tutto sovrastato da un certo senso pratico e dalla sua etica) e non è considerato un essere umano dalla gente. Poiché ha i capelli bianchi e deve prendere delle particolari droghe per aumentare le proprie abilità di combattente, qualcuno ci ha visto una citazione un po' troppo ravvicinata di Elric di Melniboné, l'eroe albino di Moorcock, ma Geralt è un personaggio estremamente diverso e soprattutto è all'altro estremo della scala sociale.

Amico di Geralt è Ranuncolo, un bardo piuttosto godereccio che talvolta si mette nei guai. E nonostante sia un mutante Geralt ha i suoi interessi amorosi, soprattutto verso la maga Yennefer.

La comunità umana è fatta di nobili, sacerdoti, contadini in stile classicamente medievale, con l'aggiunta di un certo numero di maghi dai grandi poteri. L'aspetto da "medioevo fantasy del videogame" è un po' il limite dell'ambientazione di Sapkowski, tuttavia si colgono particolari interessanti che sono solo suoi: ad esempio il fatto che gli elfi di questo mondo abbiano subito un po' il destino degli indiani d'America, sono stati scacciati dalle loro terre, costretti nelle montagne e nel profondo delle lande più inospitali.

Mentre gli umani occupano le loro città con i pochi di loro e coi mezzosangue che hanno deciso di integrarsi nel nuovo ordine del mondo, gli elfi scoprono che tutto è a poco a poco cambiato e la natura non è più benigna, ciò che una volta era offerto spontaneamente per sostenerli ora va sudato lavorando il suolo, perciò gli elfi si consumano nella fame e nelle fatiche, oltre che in inutili contrattacchi contro gli uomini.

Tematiche serie come il razzismo e le ingiustizie fanno spesso capolino tra i momenti avventurosi e ridanciani dei racconti, e c'è anche una buona dose di violenza più qualche momento piccante, ma non nella maniera stucchevole di altri scrittori (mi scappa qui il nome di George Martin). Soprattutto, il fantasy di Sapkowski sa ritrovare nei momenti migliori il fascino del più classico sword and sorcery, e passa sulle sue tematiche con la leggerezza e l'ironia che era cara a scrittori come Vance e Leiber.

Pertanto ho trovato estremamente gradevoli da leggere le due raccolte di racconti pubblicate dalla Nord, Il Guardiano degli Innocenti e La Spada del Destino.
Mi sento assolutamente di consigliarli.


Nota finale: una mappa del mondo creato da Sapkowski non credo sia mai uscita coi suoi libri però il videogioco ne riporta una che è reperibile anche in rete.

sabato 25 maggio 2013

Segnalazione

Solo per gli anglofoni purtroppo, un interessante articolo sulla magia in Tolkien: come la immaginava l'autore, da dove proviene, come funziona.
Buona lettura.

mercoledì 22 maggio 2013

Di nuovo sui blog e la legge

Proprio in Italia la libertà di espressione non piace. Dopo le sentenze che in pratica rendono complice un blogger o il proprietario di un forum con chi inserisca un commento offensivo (vedi recente post su questo blog), abbiamo un progetto di legge (o meglio la riforma di una legge) dove viene data una definizione estremamente vaga dei supporti a cui si possa applicare: un "prodotto editoriale" potrebbe essere qualsiasi cosa fatta per essere vista dal pubblico.

Le pene detentive vengono tolte ma le multe sono salate (tra 5 e 10 mila euro), e ci sarebbe obbligo di rettifica entro 48 ore dalla richiesta. Se passa, la proposta Pisicchio ha tutte le caratteristiche di una legge ammazza blog.

La proposta
Articolo su La Stampa

American Gods

C'è un tipo di letteratura statunitense (attenzione: non americana) che crea miti più o meno di cartapesta a disposizione di chi voglia farsene ispirare. Lunghe strade polverose e motel. Gente che ottiene l'illuminazione zen facendo viaggi in autostop da costa a costa. Paesini di mille anime persi nel nulla. Personaggi equivoci incontrati "on the road." Alcune di queste mitizzazioni hanno anche un motivo di esistere, come la Route 66 che vide un sacco di gente spostarsi verso ovest in epoca di grande crisi, altre fanno parte di quella gran collezione di miti di plastica che ci viene offerta dagli Stati Uniti in pompa magna e con gran retorica.
American Gods è uno stranissimo incrocio tra questo tipo di mitologia e la mitologia dei popoli europei e mediterranei, giustificato da Neil Gaiman col fatto che, con l'attraversare l'oceano, le persone hanno portato i propri dèi con sé e gli hanno dato sul nuovo continente una vita differente da quella che avevano, diciamo, in patria. Non si può dire molto su questo libro senza anticipare la trama perciò siete avvertiti.

Si tratta di divinità malinconiche e scalcagnate perché ormai quasi completamente prive di poteri, nessuno crede più in loro, la gente le ha "esportate" e fatte nascere sul continente americano ma poi le ha dimenticate, passando a nuovi dèi e nuovi miti: la macchina, le carte di credito, i mass media, il denaro e via dicendo. Queste nuove divinità sono ricche e opulente, le vecchie vivono di espedienti o di stenti.
Tra le due categorie sta, sembra, per arrivare una catastrofica resa dei conti. Il protagonista, un tizio che tutti chiamano Shadow e che è il personaggio classico da romanzo hardboiled, con tanto di trascorsi nelle patrie galere ma in realtà dotato di una sua integrità, viene cercato da un tizio che scopriremo essere una di queste divinità, e che vuole prenderlo al proprio servizio. Shadow non ne vuole sapere perché ha una moglie e un lavoro che lo aspettano, ma quando arriva a casa scopre che le cose stanno molto diversamente e si imbarca col misterioso personaggio in una lunga serie di avventure che gli permetteranno di scoprire anche qualcosa su se stesso.

Colpo di scena sul finale, neanche malaccio secondo me, e alcuni momenti belli in un libro che fondamentalmente si fa leggere. E poi Gaiman sa il mestiere. Ma questo non è il suo libro meglio riuscito e a peggiorare le cose viene il fatto che è, purtroppo, anche molto lungo. Vedete voi.

giovedì 16 maggio 2013

Dobbiamo chiudere i blog? Ditelo!

Ho letto la sentenza Rando perché un blogger ne ha pubblicato il testo.
Non entro nel merito sul fatto specifico, tuttavia c'è un passaggio, quello che sostanzia in definitiva la condanna, che trovo interessante. il giudice non ha equiparato il sito (nel caso in questione si tratta di un forum, ma lo stesso potrebbe accadere per un blog e per qualsiasi altra forma) a una testata giornalistica, ma lo ha ritenuto comunque un mezzo di pubblicità, un luogo dove si amplifica un messaggio, un dibattito ecc...

Secondo il giudice l'amministratore è responsabile per tutto quello che lui stesso inserisce nel sito ma anche per quello che altri vi inseriscono (i commentatori). Che ci siano o non ci siano filtri, si suppone che l'amministratore abbia approvato i commenti che appaiono.

Chi ha inserito un commento ingiurioso può essere ritenuto (se lo si individua, il che non è avvenuto nel fatto in questione) uno che concorre nel reato, ma non il singolo colpevole del reato.
Ne deduco che se io pubblico un articolo e nei commenti salta fuori un bell'insulto contro qualcuno, non ne risponde solo il commentatore, ne rispondiamo insieme, e se il commentatore non lo si vuole o non lo si può rintracciare alla fine la colpa ricade su di me. Capito?

A questo punto cosa dovrei fare? Ripercorrere anni di vita del blog e vedere cosa hanno scritto i commentatori? Devo saper valutare cosa mi può portare in tribunale e cosa no? Avvalermi quindi della consulenza di un legale?

E inoltre diventa obbligatorio a questo punto moderare TUTTI i commenti (io attualmente modero quelli sui post vecchi oltre 15 giorni e in questo modo, per fortuna, la maggior parte dello spam non compare nemmeno).
Se un tizio va in un internet café dove non gli chiedono i documenti (ve lo posso assicurare, non me li hanno mai chiesti) mette un commento ingiurioso conto qualcuno su un blog che gli sta antipatico e poi salva o fa salvare la schermata, il blogger è nei guai anche se il proprietario cancellasse il commento ingiurioso dopo mezza giornata. Questa sentenza in pratica impone la moderazione obbligatoria di tutti i commenti.

Io penso che in questa sentenza ci sia qualcosa che non va.

lunedì 13 maggio 2013

La Fonte e la Sonda

François Bourgeon lo conosco dalla serie I Passeggeri del Vento, dove una storia abbastanza semplice ma interessante (almeno inizialmente) mi ha permesso di godermi i suoi eccezionali tratti.
Il Ciclo di Cyann è un'opera successiva (anni '90, arrivata in Italia tempo dopo...) e dal primo volume (La Fonte e La Sonda) ho avuto l'impressione di un deciso salto di qualità. Bourgeon si serve della collaborazione di Claude Lacroix: la sceneggiatura la scrivono insieme, ma Lacroix coadiuva anche creando molti elementi grafici dell'ambientazione, dando forma all'immaginario in cui si muove la storia assieme al coautore Bourgeon.

La storia è complessa e matura, anche un po' disorientante poiché il lettore vi è catapultato senza molte spiegazioni iniziali. Siamo in un universo in crisi, che ha conosciuto un conflitto grave dove un impero è stato respinto, ma a caro prezzo, dai Mondi Indipendenti. In uno di questi mondi (la Sonda del titolo, che si scrive poi SOnda nel fumetto, in effetti) abbiamo una situazione complicata, un contrasto di poteri politici e religiosi che si intrecciano in un equilibrio difficile. Peggio ancora, la povertà e una misteriosa epidemia che uccide i maschi stanno minando l'ordine sociale. Una famiglia influente e orgogliosa, quella del vecchio Lazuli Olsimar, ritiene proprio dovere cercare di fare qualcosa per ristabilire la situazione. L'orgoglioso Olsimar decide di preparare una spedizione per un pianeta con cui si sono persi i contatti fin dai tempi della guerra, decenni prima, allo scopo di trovare i necessari aiuti; ma suscita l'invidia di tutti quando decide che sia Cyann, la propria figlia ed erede, a portare avanti l'impresa. In un momento assai delicato in cui molti spingono verso la ribellione e il ruolo delle elite viene messo in discussione, Cyann purtroppo crea un continuo scandalo e si mette in cattiva luce per il carattere ribelle, egoista, a volte cinico e tirannico, che mette in cattiva luce la conduzione della spedizione.
Vi sono anche altre difficoltà e degli avversari imprevisti...

Il tratto di Bourgeon e i concetti grafici di questo primo volume sono affascinanti, una sintesi di elementi a volte abbastanza riconoscibili ma che dà un risultato a un tempo stesso familiare e alieno: nell'architettura, nei paesaggi e nell'abbigliamento (succinto) dei personaggi. Linee pulite alla francese ed elementi barocchi, una fantascienza con tante bizzarre piante e qualche elemento liberty nelle strutture, una serie di particolari e di idee tutte da scoprire.
Il primo volume è comunque solo la partenza di una storia molto vasta. Se vi regge il protafogli (non costa pochissimo) cercate di seguirla.


venerdì 10 maggio 2013

La zampata della censura

Sarò breve visto che mi ritrovo azzoppato e posso stare pochi minuti in posizione eretta (o seduta).
L'Associazione dei telespettatori cattolici ha lanciato i suoi strali contro RAI4 per la decisione di mandare in onda il Trono di Spade, la brutta serie TV tratta dai brutti romanzi di George Martin (parere personalissimo mio).
La AIART reputa volgare e pornografico il programma (vedi le motivazioni più in esteso qui). Il sottoscritto, che non ama Game of Thrones, non ama particolarmente le associazioni legate ai valori cattolici e non ama la RAI, aveva già scritto come la pensa sugli spettacoli violenti o comunque controversi, e sulla loro influenza sulle persone.


Secondo il mio punto di vista, per quanto la AIART non abbia neppure tutti i torti sullo spettacolo televisivo tratto dai romanzi di Martin, o si fa un discorso generale su quello che non si deve vedere in TV (non parlo solo del nudo o della violenza ma anche del cattivo gusto e dell'idiozia, roba che oggi coinvolge praticamente l'intero palinsesto) o è inutile attaccare un programma che non è peggio di tanti altri.

Chissà come mai che si tratti di Harry Potter, dei Vampirotti ridicoli di oggi, o perfino del profondissimo Signore degli Anelli, c'è sempre qualche cattolico che va all'attacco del fantastico. Ma che noia, ragazzi.


martedì 7 maggio 2013

Comunicazione di servizio

Causa infortunio del blogger, queste pagine non saranno aggiornate per due settimane.


Saluti.



lunedì 6 maggio 2013

The Age of Zeus

Una poliziotta, Samantha, riceve un misterioso invito e si reca in un luogo piuttosto remoto dove incontra altri invitati, un folto gruppo, tutti convocati senza sapere esattamente da chi e perché.

Nell'invito vi è un accenno alla possibilità di rimettere a posto una faccenda che sta a cuore, perciò è naturale chiedersi cos'è che sta a cuore a tutte queste persone che non si conoscono fra loro. Parlandone riescono rapidamente a concludere che hanno qualcosa in comune: tutti nutrono un motivato rancore per qualche torto o perdita inflitta dagli dèi dell'Olimpo, che alcuni anni prima si sono impadroniti del mondo instaurando una specie di supervisione accettata dai vari governi.
Questo l'inizio di The Age of Zeus scritto dal britannico James Lovegrove, che per la Solaris ha pubblicato anche The Age of Ra, The Age of Odin, Age of Aztec e altri libri autoconclusivi che hanno in comune temi di fantascienza militare.
The Age of Zeus (che ho letto in inglese) offre un'ambientazione dove la Terra ha finalmente un governo unitario: sono sbucati da non si sa dove gli dèi dell'antica Grecia (Zeus, Afrodite, Atena, Ares e via dicendo...) e con sfoggio di enormi poteri hanno rapidamente dimostrato ai militari di tutto il mondo la propria invincibilità. Se siano davvero divinità, e da dove vengano i loro poteri, è un mistero: di fatto sembrano ben convinti di essere dèi e si sono costruiti (anzi, si sono fatti costruire) una grande fortezza in Grecia sul Monte Olimpo, e da lì tengono d'occhio il mondo aiutati da alcuni mostri e creature mitologiche (il Minotauro, la Lamia, la Chimera e via dicendo) che pattugliano certe aree.
Il potere degli dèi olimpici non è necessariamente maligno in quanto sembra voler finalmente metter fine a tante guerre, crisi e cattivo utilizzo delle risorse del mondo, ma la politica nei confronti di chi si oppone è brutale: dove si manifestano dei ribelli essi vengono schiacciati, e se necessario vengono messe in atto rappresaglie spietate e prolungate nel tempo, che colpiscono la popolazione indistintamente. Queste imprese crudeli e avventate hanno provocato risentimento in tante persone, tra cui coloro che hanno ricevuto il misterioso invito.

Un libro che parte quindi da una premessa sorprendente: inizialmente mi è sembrato in bilico tra il fantastico e la fantascienza. Meno sorprendenti, anzi forse un po' ritrite, sono le schermaglie d'apertura. Dopo aver scoperto che sono stati riuniti per la caratteristica comune di odiare i nuovi dèi, i protagonisti del libro vengono arruolati (tranne uno che si rifiuta) per sterminare le malvagie divinità, e addestrati a usare delle armature potenziate che ricordano un po' Fanteria dello Spazio di Heinlein o le tute di Iron Man (però sono meno fantascientifiche e non volano); chi mette a disposizione tanto ben di Dio militare è un certo Landesman, un industriale ricco e geniale desideroso di combattere questa battaglia di libertà, insomma una specie di Tony Stark (l'uomo dentro la tuta di Iron Man) guerrafondaio per una causa giusta. Gli eroi che combatteranno Zeus e soci si danno il nome di Titani, preso dal mito, per chiamarsi come i leggendari sfidanti degli dèi dell'Olimpo. La protagonista Samantha (il cui nome è generalmente abbreviato in Sam) inizia così a prepararsi alla battaglia e riesce a mettersi in luce durante l'addestramento, tanto da prendere il comando del drappello che inizia le danze attaccando una delle creature minori della mitologia olimpica.

Seguono circa 300 pagine, ahimé, di azioni militari piuttosto ripetitive intervallate da questioni personali dei Titani (alcuni sono descritti in maniera ben dettagliata sia pure con lo stereotipo sempre in agguato, la maggior parte è sullo sfondo o poco più). All'inizio l'attacco si rivolge contro certe bestiacce mitologiche la cui eliminazione non preoccupa Zeus, ma al reiterarsi degli attacchi il dio comincia a preoccuparsi (notare che Zeus è un personaggio che compare in televisione, viene intervistato, ecc...). C'è anche qualche cenno di nervosismo da parte dei governi, qualcuno forse vorrebbe scuotersi di dosso gli dèi olimpici. Nelle azioni dei Titani non trovo realistico il fatto che, in un'epoca di intercettazioni radio, con satelliti che visualizzano anche i titoli del giornale che un tizio legge per strada, ecc... un gruppo di persone dotate di mezzi militari abbastanza pesanti possa apparire e scomparire, anche da affollate aree urbane, senza che nessuno li segua, ne tracci i movimenti, l'origine dei segnali radio che li coordinano dalla base, eccetera. In tutto il mondo (un mondo controllato da governi spesso lacerati da dubbi, ma in genere fedeli a Zeus e compagni) sembra che il gruppo dei Titani possa sempre agire senza essere smascherato. E va be', ho continuato a leggere sperando in un colpo di scena. A metà del libro un disvelamento fa sperare in qualcosa di interessante. E quando arriva la rivelazione verso il finale la delusione è feroce, per quanto mi riguarda. La spiegazione sulla natura di queste divinità e sui loro poteri è quanto di più irrealistico e loffio si potesse prevedere (Volete saperne di più? Chiedete e sarete spoilerati).
Segue finale col botto, ma è meglio non anticipare.

Giudizio finale: l'autore conosce "il mestiere," sa suscitare la curiosità e c'è tanta azione per chi la vuole (da ex giocatore di wargames, mi permetto di pensare che spesso ci sia poco realismo). La storia è però terribilmente debole, con oltre 600 pagine laddove 400 forse sarebbero già state troppe. Lovegrove non sembra preoccuparsi di far accadere cose estremamente incongrue anche per un libro di fantascienza, e le giustifica in maniera zoppa o non le giustifica per niente. Il lettore è avvisato.





venerdì 3 maggio 2013

Chi guadagna con la rivoluzione digitale

Alcune delle predizioni sullo stato dell'editoria si sono avverate o sembra che si stiano avverando. Due dei miei articoli scritti nel 2009 sono linkati qui così potete leggere e vedere se ci avevo azzeccato o meno. Per lo più quello che si legge di interessante (ovvero gli sviluppi che stanno già avvenendo) proviene dal mondo anglosassone, da noi i principali produttori e distributori (Mondadori, IBS...) si sono mossi giusto per non essere spiazzati ma il digitale è un mercato ancora micragnoso in un panorama editoriale assai scarno in generale. In altri paesi già le catene di librerie "cartacee" stanno chiudendo o ridimensionado il loro giro d'affari!

Alcune delle previsioni per il 2013 (tutta ancora da verificare) le trovate qui e qui. In inglese. Traduco qualcosa: Amazon venderà il kindle a... zero euro per accelerare la propria presa sul mercato digitale. Be', per ora non è successo. La crescita del mercato del libro digitale salirà ma comincerà a rallentare (insomma diventa un mercato "maturo" e questo si è già visto per la compravendita degli e-reader). Il marketing legato al libro digitale cambierà (non ci saranno i best seller del momento, da vendere adesso perché occupano adesso lo spazio delle librerie cartacee, ma verrà coltivato lo specifico gruppo di interesse e libro nuovo o vecchio sarà una distinzione meno importante.

Altre previsioni vogliono che il mercato diventi più affollato, competitivo e duro e con troppa roba da leggere per troppo pochi utenti (sono previsioni da anglosassoni, da noi era già così) e che ci sarà un momento di sviluppo delle piattaforme di autopubblicazione da parte di autori che faranno da sé piuttosto che stare a fare la fila in attesa che le case editrici li prendano in considerazione, cosa che le case, protette dalla barriera degli agenti letterari, hanno comunque poca voglia di fare. Publishers have built barriers - let's call them dams and dykes and parapets - to protect against the hoards of aspiring writers seeking publication. Publishers require writers to work through agents, who are charged with identifying titles publishers will want to publish. Many top-tier agents reject 5,000 authors for every author they sign on. Publishers still reject many of the agented books as well. Da noi praticamente è nullo o quasi anche il ruolo dell'agente, chi vuole pubblicare invia direttamente alle case editrici e spera nell'intervento divino. Gli autopubblicati insomma invaderanno il mondo, sperando che qualcuno si accorga di loro... il guaio è che sarà sempre più difficile farsi dare dei soldi decenti per i propri sforzi (perché? vedi sotto).

Alrtre profezie: la quantità di materiale gratuito costringerà tutti ad abbassare i prezzi. I tablet diverranno lo strumento principe per leggere i libri anche se gli schermi E-Ink (quelli degli ereader insomma) sono più adatti per la vista. Chi guadagnerà di più dal boom della nuova editoria non saranno gli scrittori ma quelli che offrono loro servizi (editing, marketing, eccetera).

Vedremo se queste previsioni si realizzeranno. Per tornare alla questione dei profitti per gli autori, c'è un altro articolo, sempre in inglese, che trovo interessante. Si parla di faccende statunitensi (era vietato importare la versione straniera di un romanzo - cartaceo - USA l'operazione è ora concessa, ed è redditizia per il pubblico e per il commerciante, ma su quei libri l'autore non prende royalties), ma una parte del discorso è applicabile in generale come trend. Lo scrittore non riuscirà a guadagnare in maniera decente, salvo pochissimi autori molto venduti. I diritti pagati per un ebook a quanto pare sono (negli USA) assai più bassi di quelli riconosciuti per un libro a copertina rigida. Nonostante i risparmi consentiti all'editore dalla produzione digitale, si fanno quindi ulteriori risparmi... sul pagamento destinato a chi ha scritto il lbro. Ed esistono ora meccanismi perversi per cui chi mette a disposizione un ebook piratato o un cartaceo scannerizzato, o anche solo alcune parti come fa Google Books - a seguito di una discussa iniziativa in cui dichiarava di non offendere alcuna legge perché non pubblica l'intero contenuto - guadagna tramite la pubblicità online, ma di questi guadagni agli autori non arriva nulla.

In altre parole nel mondo della pubblicazione libera (ma anche della pirateria libera, e sebbene io sia contro il DRM non si può negare che il problema esista) quello che rischia di perderci maggiormente è l'autore, ovvero chi fa il lavoro principale che giustifica l'esistenza di tutto il resto! In questo articolo del mio blog esponevo la frase di Ursula LeGuin sulle pressioni che riceve per scrivere romanzi più commerciali: Collaboro con dei buoni editor come sempre ha dichiarato la scrittrice parlando delle sue ultime pubblicazioni, ma ho subito sempre più pressioni per andare nella direzione di Harry Potter. E siccome scrivo un tipo di fantasy estremamente diverso da quello, non c'è stato verso, ho dovuto resistere. Ma vedete, è successo solo ultimamente, quando le pubblicazioni hanno cominciato a perdere il proprio senso d'orientamento e si sono fatte sempre più forti le pressioni delle grande imprese. Be', io mi ponevo e mi pongo ancora la domanda: se la LeGuin ha già un nome affermato potrebbe aggirare tutto quanto, autopubblicarsi e vedere se il pubblico è legato alla casa editrice o a lei. La domanda diventa: se l'autore non famoso è perso in una rissa dove difficilmente riesce a guadagnare qualcosa, e chi ha successo è strangolato dall'editoria trasformata in industria, quale scrittore può essere libero e guadagnare allo stesso tempo abbastanza per il suo lavoro? Se nessuno o quasi nessuno può, allora la rivoluzione digitale a chi giova?